Italia del bio Magazine ha posto 7 domande ai  candidati Presidente per la Regione Piemonte sui temi dell’agricoltura biologica e in generale sulla educazione alimentare e la tutela dell’ambiente e della salute attraverso produzioni di qualità.

Le risposte di Alberto Cirio, candidato per la coalizione di centro destra

1. Il mercato sta chiedendo sempre più prodotti da agricoltura biologica. Ma la produzione italiana è inferiore alla domanda. Dalla lettura dei dati del rapporto SINAB 2018 il Piemonte è sotto la media nazionale sia come percentuale dei produttori biologici sul totale dei produttori agricoli (3,9% contro il 4,5% medio) che per le superfici coltivate (4,9% contro il 15,4). Cosa intende fare la Regione per incrementare produzione e terreni coltivati con metodo biologico per avvicinare la media nazionale?

Non ci sono dubbi sull’eccellenza e sulla penetrazione internazionale dei prodotti dell’agricoltura piemontese. Giusto comunque potenziare e soprattutto diversificare i prodotti dell’agricoltura biologica, per venire incontro alle esigenze più attente dei consumatori, italiani ed esteri. La sede e lo strumento giusto per farlo è senza dubbio il ciclo di interventi  della PAC  2021-2027, la politica agricola comunitaria : da vivere peraltro in maniera non fredda e burocratica, ma tramite un’effettiva compartecipazione dei coltivatori e delle loro associazioni.

2. La maggiore attenzione dei consumatori verso i prodotti biologici possono spingere operatori eticamente non corretti verso scelte di natura truffaldina. Non ritiene che sia necessario andare oltre la tradizionale certificazione di processo, incentivando strumenti innovativi – quali ad esempio le tecnologie blockchain – per rendere trasparente per il consumatore sia il processo che il prodotto?

L’approccio verso il nostro cibo sottintende una forte componente di fiducia, verso chi produce e verso chi distribuisce. Tutte le tecnologie che aiutano e rafforzano questo rapporto di fiducia sono pertanto le benvenute, nelle politiche regionali e nei rapporti con Stato ed Europa: sistemi come le blockchain possono avere ottime prospettive, così come possono essere incisivi i rapporti con le catene distributive. Sullo sfondo, resta sempre il valore centrale delle produzioni piemontesi, valore da difendere con tutte le nostre energie.

3. Si sta per aprire un nuovo periodo temporale di pianificazione della politica agricola comunitaria. Al netto delle dimensioni dei finanziamenti, questione questa legate ai temi del bilancio comunitario problematico anche in presenza della Brexit, come intende contribuire la regione Piemonte al confronto nazionale ed europeo per modificare a favore delle produzioni biologiche la strumentazione incentivante?

La mia esperienza a Bruxelles mi porta ad affermare, con forza, che in Europa non basta esserci: bisogna contare ed essere influenti. Il mio Piemonte ci sarà e conterà, grazie soprattutto ad una pronta riorganizzazione del nostro ufficio a Bruxelles, che deve diventare l’avamposto per la promozione e la difesa del nostro sistema produttivo, agricoltura in primis. C’è poi il problema del regime normativo delle produzioni biologiche, materia complessa e nella quale può non essere sufficiente l’impegno della parte pubblica: ottima quindi la collaborazione con una forma associativa come Città del Bio, già portatrice di preziose esperienze.

4. Registriamo una lamentazione pressoché generalizzata da parte di molti operatori del settore, sulla lentezza e complessità della burocrazia regionale: ritardi nell’espletamento dei bandi, vincoli burocratici eccessivi, eccessiva complessità delle norme. Come intende ovviare procedendo verso una amministrazione amica e non resistente per accompagnare i produttori verso un uso corretto e insieme semplificato degli strumenti di incentivazione?

Il tema della burocrazia regionale è “il male oscuro” del Piemonte: una struttura troppo a lungo trascurata, privata da anni dell’apporto delle nuove generazioni, troppo chiusa su procedure autoreferenziali. Agiremo con prontezza e tenacia per invertire questo flusso: rivalutare le professionalità presenti ed introdurre nella struttura giovani di valore, sono le nostre priorità. Centrale sarà inoltre il nostro rapporto con le Associazioni, secondo il principio, in cui molto crediamo, di una Regione che sempre risponde alle istanze dei cittadini e dei produttori.

5. I concetti cardine delle produzioni biologiche fanno riferimento alla stagionalità, al rispetto dell’ambiente riducendo l’uso di pesticidi e di sostanze chimiche, alla tutela della salute sia del produttore che del consumatore. L’educazione alimentare fin dalla prima infanzia nelle scuole materne ed elementari diviene uno degli strumenti fondamentali per una politica della sicurezza alimentare e del rispetto dell’ambiente. Cosa intende fare la Regione per far sì che simili azioni superino lo stadio dell’episodicità per divenire elementi stabili e portanti del processo educativo?

Il Piemonte è una regione che vive “immersa” nell’agricoltura; l’agricoltura è parte della nostra storia, sia collettiva, sia personale, considerando quanti piemontesi possono vantare radici familiari nell’agricoltura, sia in Piemonte, sia in altre regioni.
La nostra Giunta si prefiggerà di rivalutare proprio le radici dei Piemontesi, il loro rapporto con la terra e le tradizioni: sono sicuro che questo rinnovato rapporto di appartenenza sarà utilissimo anche per migliorare l’educazione verso il cibo, che è frutto prediletto della nostra terra.

6. Nell’ambito dell’educazione alimentare un ruolo centrale lo assume la ristorazione collettiva. Parigi e l’Ile de France hanno costruito un piano d’avanguardia per quanto riguarda la ristorazione collettiva: incremento del prodotto biologico, riduzione delle distanze coperte per il trasporto dei prodotti, politiche che legano il reperimento del prodotto ad impegni per la coltivazione biologica ad esempio su tutte le aree ove l’acquedotto parigino preleva l’acqua. Ritiene che la Regione debba svolgere un ruolo di stimolo per modificare sostanzialmente l’attuale sistema di produzione ed erogazione dei pasti nelle scuole e soprattutto nelle strutture sanitarie ed assistenziali? E se si in che modo?

Mangiare semplice, mangiare sano, mangiare “cibo nostro”: la Regione deve dare un messaggio chiaro, soprattutto in quelle situazioni – come le ricordate ristorazioni ospedaliere e scolastiche – in cui la Regione stessa ha un ruolo fondamentale di guida e di finanziamento. Le obiezioni a questa politica sono facili, e si riconducono principalmente alle politiche comunitarie di libera concorrenza, intese (scorrettamente…) come il grimaldello per far saltare ogni resistenza locale.
Ed è per questo che, a nostro parere, bisogna aver la forza di incidere anche sugli equilibri dell’Unione Europea: per trovare soluzioni efficaci, il problema della ”difesa locale” va infatti affrontato e vinto “a monte”.

7. Al momento parrebbe che a livello di zootecnia manchi una visione strategica coordinata tra il settore agricoltura e la sanità. Su temi importanti e che richiedono investimenti quali biosicurezza, benessere animale, produttività finalizzata all’ottimizzazione dell’impatto ambientale si chiede di conoscere come si pensa di indirizzare le scelte della Regione?

La zootecnia piemontese si pone sui livelli più alti, per tipicità e qualità dei suoi prodotti.
È tuttavia innegabile che il settore zootecnico sia sottoposto ad una costante verifica da parte dei consumatori, che consumano quantità inferiori di carne, ma che pretendono sia la massima qualità, sia forme di allevamento più consone alla vita animale.
La politica zootecnica della Regione Piemonte deve porsi al delicato punto d’incontro tra queste nuove esigenze del consumatore e le complesse regole, anche economiche, del moderno allevamento. Ancora una volta, dunque, serve un colpo d’ala della Regione, che sappia, in primis tramite il PRS, far crescere su rinnovate basi il nostro forte settore zootecnico.