(Paolo Massobrio di Avvenire) – Se c’è una lezione che esce dalle urne elettorali è che i personalismi in politica non fanno il pieno. La legge della democrazia non premia i rivoli ma i fiumi, che si alimentano di affluenti, ovvero di aggregazioni identitarie che vanno poi ad accrescere quello che è uno scopo comune. Con questa metafora si può capire quanto valga, in politica come in economia, mettersi insieme veramente, lasciando perdere i distinguo sterili. Giovedì scorso a Roma il mondo della cooperazione italiana del vino si è ritrovato alle Officine Farneto per mostrare con ViVite quale sia il senso di quella che si chiama Alleanza. Un mondo fatto di migliaia di viticoltori, ognuno custode di un pezzo di terra che – grazie a queste aggregazioni – rende visibile un disegno ordinato di interi territori con un’economia possibile che non ha provocato spopolamento. Le prime 10 cooperative vitivinicole italiane detengono il 15,2% di tutta la superficie vitata del Paese, ma la novità è che ben 6 cooperative su dieci hanno ridotto l’uso della chimica e una su due ha incrementato le produzioni bio. E questo è il fiume di cui si parlava (si chiama anche tendenza), e rappresenta un bel passo verso gli obiettivi europei del 2030 che vanno sotto il nome di Farm to Fork. Sono le sfide che ci attendono per cui occorre un lavoro. Anche la politica è sotto la lente di verifica di un lavoro e, se il voto di protesta generalizzato sembra essersi attenuato a fronte di un governo che ha portato risultati, nel post pandemia sembra chiaro che i cittadini vogliono concretezza… e guai all’incertezza. Ma anche i consumatori la vogliono, se è vero che – tornando al vino – un italiano su dieci nell’ultimo anno ha acquistato vino sostenibile e uno su quattro ha notato in etichetta il marchio bio, secondo i dati snocciolati da Nomisma Wine Monitor. Angelo Frascarelli, presidente di Ismea, durante il talk show di ViVite ha detto a chiare lettere che non c’è tempo per pensare se la strategia di sostenibilità sia giusta o meno: lo chiedono i consumatori di tutto il mondo e questo è molto di più di un ordine. Ma anche i giovani vignaioli hanno un pensiero sostenibile e sono pronti, giacché questi comportamenti responsabili verso l’ambiente sono esattamente nelle loro corde. Un giorno si occuperanno anche della governance delle loro cooperative, ma già ora chi è al comando deve mostrare una grande capacità di ascolto dei millennials. Che è ciò che sembra mancato alla politica perdente, in autoanalisi in queste ore.