(Michele Romano del Sole24Ore) – L’obiettivo è scritto e raggiungibile in un triennio: fare delle Marche il più grande distretto di agricoltura biologica d’Europa, migliorando quel trend che, da 10 anni a questa parte, ha visto praticamente raddoppiare i numeri: da 2 mila a 4 mila operatori, da poco meno di 30 mila a 52 mila ettari, con un’incidenza sul totale della superficie agricola regionale cresciuta dall’11% al 22,2% molto vicina a quella dell’Austria (24%), nettamente superiore sia alla media italiana (15%) che europea (7,7%), al quarto posto in Italia, dopo Calabria, Sicilia e Lazio. Ma è soprattutto sul fronte dell’incidenza di attività biologiche (dati Biobank 2020), che le Marche possono costruire la leadership europea: leader in Italia per quantità (sono 122,6 per milione di abitanti), davanti a Trentino ed Emilia-Romagna; seconda per densità di negozi (45,9/milione di abitanti, il 5% del totale nazionale) subito dietro il Trentino, e di ristoranti (24,3/milione di abitanti, il 7% del totale nazionale), alle spalle dell’Emilia-Romagna; infine, tra i 257 agriturismi attivi, il 24%, sono aziende biologiche.
“Il biologico nelle Marche è nato prima rispetto al resto d’Italia, soprattutto a supporto delle aziende zootecniche che seguivano la linea vacca-vitello – racconta Maria Letizia Gardoni, presidente della Coldiretti regionale –. Queste realtà non avevano mai utilizzato presidi chimici nella gestione dei pascoli già prima che uscisse l’input europeo”. E tra colture foraggere e pascoli si contano oltre 55mila ettari di coltivazioni, a supporto del settore zootecnico: “Questo tipo di nutrimento rientra in tutte quelle pratiche rispettose del benessere animale e rappresenta un altro fattore che incontra il gradimento dei consumatori, sempre più attenti a cosa si mangia, da dove arriva e come viene prodotto». In più ci sono 19.000 ettari di cereali, 6.000 di vigneti (il 37% del totale regionale), 3.000 di oliveti, 2.900 di ortaggi, mille di frutteti e, non per ultimo, “il gradito ritorno della barbabietola da zucchero, coltivata su 605 ettari, raddoppiati in tre anni”.
Il disegno scritto con Regione Marche e Camera di commercio si regge su un patto: aggregare almeno la metà dei coltivatori bio già operativi, primo passo dell’ambizioso Distretto Unico Marche Bio. Sul piatto ci sono risorse che il sistema agricolo regionale non ha mai visto così tutte insieme: 45 milioni, somma stimata per il biennio transitorio 2021-2022 che la Regione potrà impegnare attraverso il Psr in attesa dell’approvazione del riparto dei fondi comunitari, che si vanno a sommare ai 111 milioni del periodo 2014-2020; inoltre, sono pronti 100 mila euro per la promozione. «Come Coldiretti abbiamo ottenuto uno snellimento burocratico – sottolinea la presidente – meno documenti da produrre e maggiore elasticità. Tra monitoraggi doppi ed eccessiva rigidità bastava davvero poco per bloccare una procedura, tempo che le aziende non possono perdere”. Di bio si occuperà anche l’Associazione Cluster Agrifood Marche, aggregazione composta dalle quattro università delle Marche e oltre 50 tra centri di ricerca, Pmi e associazioni di categoria, chiamati a soddisfare le necessità di innovazione lungo l’intera filiera agroalimentare.
Il patto per la creazione del Distretto ha già raccolto la convinta adesione di oltre 600 operatori, una risposta, in linea anche con le indicazioni di Cassa Depositi e Prestiti: l’agricoltura biologica sarà uno dei pilastri del rilancio delle Marche post pandemia.
Gardoni è entusiasta dei primi consensi che arrivano dagli operatori: “Significa non disperdere le forze in mille egoismi locali – osserva – è senz’altro vero che i nostri territori devono la propria ricchezza alla diversità, ma per porsi all’attenzione di un mercato più vasto e in continua crescita occorre presentarsi uniti e solidi”. Ecco, dunque, che le Marche del bio hanno la possibilità di presentarsi “come una delle principali terre d’Europa dove la ruralità, il rispetto per l’ambiente, la tradizione contadina fanno da incantevole sfondo a borghi ricchi di storia e di cultura”. Tutto questo alla vigilia della riapertura del bando regionale che finanzierà con oltre 25 milioni il subentro in agricoltura di molti giovani, con la componente ambientale che rivestirà un elemento di priorità per l’assegnazione delle risorse.