(Silvia Marzialetti di Il Sole 24 Ore) – Potenziare l’offerta delle sementi bio per arrivare preparati alla sfida del Green Deal: ovvero il traguardo del 25% della superficie agricola adibita a biologico entro il 2030. È l’obiettivo del protocollo d’intesa sottoscritto al Sana, il salone internazionale del biologico e del naturale di Bologna, da Anabio Cia e Arcoiris, Cac, Consorzio nazionale sementi, cooperativa La Terra e il Cielo, Cgs, Guerresi e Prometeo.
Si punta ad agevolare l’incontro tra domanda e offerta di semi green – aprendo anche a eventuali partners futuri – attraverso accordi interprofessionali con le ditte sementiere. Contestualmente la richiesta politica rivolta dagli operatori al ministero delle Politiche agricole è di sbloccare l’iter amministrativo per l’avvio del Piano nazionale di ricerca per le sementi biologiche.
Segmento in costante crescita, il biologico ha conquistato 2 milioni di ettari in Italia, per un valore alla produzione di 3 miliardi. Nonostante l’area destinata a sementi bio nel 2020 sia aumentata del 28% rispetto al 2019, in Italia poco più del 5% della superficie sementiera nazionale è destinata alla produzione di sementi bio (circa 11mila ettari, su circa 200mila complessivi riservati all’attività di moltiplicazione del seme): poche varietà, dunque, e naturalmente più costose.
“La disponibilità sul mercato di sementi biologiche di qualità e a prezzi concorrenziali è fondamentale per un sano sviluppo del settore», chiarisce il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino. Che auspica: “La valorizzazione delle produzioni deve continuare a crescere, sostenuta dall’innovazione e dalla ricerca, per aiutare l’agricoltura bio a diventare un pilastro della sostenibilità, economica e ambientale”.
Il protocollo firmato al Sana prevede che Anabio faccia da punto di raccolta delle richieste delle imprese associate formulando pre-ordini con i quantitativi di ciascuna specie. “In questo modo – spiegano da Anabio – le ditte sementiere si garantiranno una domanda che consenta loro di programmare la produzione con un’auspicabile economia di scala utile per contenere i costi”.
Se il processo evolve, potrà essere applicato su scala più ampia e consentire un circolo virtuoso, che permetterà alle aziende sementiere di dedicare una parte del loro budget di ricerca e sviluppo alla costituzione di nuove varietà appositamente selezionate per essere coltivate in ambiente bio. Trend e obiettivi posti dal Green Deal si scontrano però con la scadenza del 2036, quando non sarà più possibile fare ricorso al sistema delle autorizzazioni in deroga previsto dalle norme Ue per l’impiego di sementi convenzionali anche nell’agricoltura bio.
Un “processo di dismissione” già in atto con la fuoriuscita già avvenuta di due specie (erba medica e trifoglio alessandrino) e il rischio concreto nel 2022 per altre quindici varietà tra cui orzo, frumento duro e tenero, farro, avena, lenticchia, fava. Al momento la Banca dati sementi – il sistema informatico del Sib (Sistema informativo biologico) che contiene l’elenco delle specie e delle varietà di sementi bio disponibili sul mercato nazionale e dei relativi fornitori – contiene 878 varietà.
“Se opportunamente revisionato – dicono da Anabio – potrebbe diventare lo strumento di gestione per la moltiplicazione vegetativa con metodo biologico». A inquadrare la portata della sfida è il presidente nazionale di Anabio, Federico Marchini: “Una delle più importanti anche a tutela della biodiversità e, quindi, della salute della terra”.