La situazione si è ribaltata. Erano nati per dare sostegno all’agricoltura biologica, ora è l’agricoltura biologica a dare sostegno ai luoghi in cui è inserita.
Nati per sostenere l’agricoltura biologica e le produzioni locali, oggi i biodistretti sono diventati il motore per lo sviluppo del territorio nelle sue diverse componenti.
In molte realtà il modello agricolo e produttivo biologico alla base del biodistretto è uno strumento chiave per valorizzare il territorio, dare impulso all’economia locale e raggiungere obiettivi ambientali e climatici.
In primo luogo in quanto l’agricoltura biologica consente di tutelare la qualità del suolo, minacciato dall’agricoltura intensiva e dall’impiego eccessivo di fitofarmaci e fertilizzanti che lo impoveriscono. La difesa del suolo, del terroir, è un tema strettamente connesso alla salvaguardia delle specificità dei caratteri del territorio. Aspetto a sua volta fondamentale e alla base della crescente attenzione ai prodotti biologici.
“In questo i biodistretti hanno un ruolo fondamentale in quanto consentono di legare il prodotto biologico a una sorta di riconoscimento territoriale”, ha affermato Alessandro Triantafyllidis, coordinatore rete Aiab dei biodistretti e presidente del biodistretto Val di Vara. E’ intervenuto a una tavola rotonda organizzata dall’Aiab. “Al tempo stesso la presenza dei biodistretti rappresenta anche un elemento sostanziale per raggiungere gli obiettivi indicati dalla Commissione europea. Mi riferisco ad esempio alla strategia Farm to Fork, in particolare al raggiungimento del 25% di biologico nel 2030. Che peraltro è una percentuale che molti biodistretti hanno già raggiunto o stanno per farlo”.
Nuove filiere di qualità e nuovi prodotti per sviluppo e occupazione
Ma il contributo che i biodistretti possono fornire alla valorizzazione passa anche attraverso la definizione di nuove filiere di qualità e nuovi prodotti che possono offrire sviluppo e occupazione nel territorio.
L’esempio viene dalle parole di Andrea Rigoni, presidente del biodistretto dell’altopiano di Asiago. “Credo che il biodistretto possa essere il motore per lo sviluppo del territorio dell’altopiano di Asiago. Si tratta di un territorio molto grande: oltre diecimila ettari di superficie agricola in gran parte dedicata all’allevamento e al pascolo. In questa area ci sono oltre 85 malghe di proprietà collettiva dei Comuni, che svolgono un ruolo fondamentale per mantenere in vita il territorio dell’altopiano di Asiago. Per questo d’accordo con i Comuni abbiamo deciso di associare tutte le malghe al biodistretto”.
Le sinergie che coinvolgono attività produttive economiche, amministrazione locali e settori quali il turismo rappresentano esempi concreti di come il biologico può essere vincente. Non solo. Può diventare parte essenziale dell’identità del territorio.
“La certificazione biologica va considerata un punto di partenza e non di arrivo”, ha sottolineato Roberto Stucchi Prinetti, presidente del biodistretto del Chianti.
“Nel nostro biodistretto abbiamo definito degli obiettivi anche nel turismo: il biodistretto infatti può e deve essere un forte elemento di traino per questo settore.
Risultati che possono essere raggiunti definendo un modello di governance basato sulla collaborazione con le amministrazioni locali e le realtà produttive del territorio, le istituzioni. “I numeri del nostro territorio sono molto diversi da quelli riportati in altri contesti. Noi siamo partiti da percentuali molto basse di biologico: oggi siamo intorno al 7% 8% di media però stiamo crescendo”, ha spiegato Piergiorgio Berto, vicepresidente del biodistretto dei Colli Euganei. “Per riuscirci abbiamo svolto attività di sensibilizzazione, avviando vari progetti nel settore del turismo e interessando la scuola, portando nelle mense prodotti locali, a km 0, preferibilmente biologici. Abbiamo anche coinvolto chef locali che con questi prodotti hanno preparato delle ricette facili da preparare da proporre ai ragazzi delle scuole”.