Roma – Dati Fao ricordano che il 26% delle terre è occupato dagli allevamenti intensivi, dai campi destinati alla produzione dei mangimi e dagli impianti per la trasformazione e il confezionamento dei prodotti finiti, e che il 18% delle emissioni di gas serra arriva proprio dagli allevamenti intensivi.
Dai rapporti Ocse Fao si evidenzia inoltre che gli allevamenti intensivi sono destinati a espandersi su scala globale nei prossimi anni, perché in grado di offrire al mercato proteine animali a basso costo nella prospettiva della crescita di popolazione e consumi.
In Italia il peso della zootecnia sulle emissioni climalteranti mette in evidenza una chiara corrispondenza con le aree di forte concentrazione degli allevamenti. La distribuzione a livello regionale evidenzia infatti fortissimi squilibri tra la Pianura Padana e il resto del Paese.
La conversione della zootecnia intensiva rappresenta quindi una priorità strategica, non solo per l’impatto su clima e ambiente ma anche per l’urgenza di adeguare gli allevamenti a obiettivi di benessere animale. Su questo fronte gli effetti della pandemia hanno reso evidente come il benessere animale è strettamente connesso a quello delle persone e alla salute dell’ambiente.
Infine la crescita della sensibilità dei cittadini nei confronti delle condizioni in cui sono tenuti gli animali negli allevamenti, pongono la garanzia del benessere animale come una questione non più rinviabile.
Una delle alternative a disposizione per il futuro può essere la zootecnia biologica, che prevede regole severe sullo spazio destinato agli animali, sulla cura con metodi naturali e sull’alimentazione a base di mangimi biologici e non Ogm provenienti da filiere sostenibili. Per questo è fondamentale che all’interno del Piano strategico nazionale della Pac (Psn) si punti sulla zootecnia bio. Al momento, invece, si intende promuovere prioritariamente un sistema nazionale per il benessere animale che ha standard normativi e parametri tecnici decisamente inferiori a quelli europei della zootecnia biologica e che è stato fortemente contestato dalle principali organizzazioni che si occupano di etica nell’allevamento animale e ambientaliste.
Infatti, con il sistema nazionale per il benessere animale attualmente in discussione si punta ad un approccio basato sulla riduzione dell’uso di antibiotici, che finirebbe però per premiare gli allevamenti intensivi che ne fanno largo uso, rispetto al biologico che li sostituisce con prodotti omeopatici o fitoterapici. Sarebbe quindi un paradosso inaccettabile.
Per questo Aiab e FederBio hanno scritto al ministro dell’agricoltura per chiedere modifiche nel Psn finalizzate a favorire la zootecnia bio e l’allevamento al pascolo.
Qualcuna delle nostre indicazioni sembra essere stata accolta, visto che nella nuova stesura del Psn si sono fatti alcuni passi in avanti con la previsione di una base minima per i premi sulla riduzione degli antibiotici e un secondo livello con premi più elevanti per il biologico e l’allevamento al pascolo.